Sentenza Cassazione Sezione Quarta Penale 15 aprile 2020, n. 12191 – Gratuito patrocinio

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Sentenza 15 aprile 2020, n. 12191

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRICCHETTI Renato Giuseppe – Presidente – Dott. CAPPELLO Gabriella – rel. Consigliere –
Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere –
Dott. TANGA Antonio L. – Consigliere –
Dott. CENCI Daniele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:

sul ricorso proposto da:

A.N., nato il (OMISSIS);

SENTENZA

avverso il decreto del 10/06/2018 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;

svolta la relazione dal Consigliere CAPPELLO GABRIELLA;

lette le conclusioni del PG in persona del sostituto Dott. CORASANITI Giuseppe, il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 10/06/2019, la Corte d’appello di Bologna ha revocato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 112, comma 1 lett. d), su richiesta dell’ufficio finanziario competente, l’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti già disposto dal Tribunale di Forlì in favore di A.N., rilevando che dal sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria era emerso che la stessa e il suo nucleo familiare avevano percepito per l’anno 2018 redditi ai fini IRPEF pari a Euro 17.118,00, eccedenti il limite di legge per l’ammissione al beneficio in parola.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso l’interessata a mezzo di difensore, ai sensi del citato D.P.R. art. 113, formulando due motivi.

Con il primo, deduce violazione di legge, sia in relazione al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 112, che avuto riguardo all’art. 76 dello stesso decreto, rilevando che la Corte d’appello ha omesso di considerare la natura del procedimento penale nel quale la ricorrente si è costituita parte civile, riguardante il reato di prostituzione minorile

previsto e punito dall’art. 600-bis c.p., comma 2, aggravato ai sensi dell’art. 602-ter comma 5, per essere stato il fatto commesso ai danni di soggetto infra-sedicenne, ipotesi rientrante tra quelle per le quali il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4- ter, prevede che la persona offesa può essere ammessa al beneficio di che trattasi anche in deroga ai limiti di reddito previsti nel decreto stesso. Anche se la legge attribuisce al giudice una facoltà discrezionale di ammissione, una volta deliberata la stessa positivamente, deve ritenersi escluso ogni obbligo per la persona offesa di comunicare le variazioni di reddito.

Con il secondo, deduce analogo vizio con riferimento al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, comma 1, lett. d) e all’art. 112, comma 1, lett. a), rilevando che il superamento della soglia reddituale per Euro 425,23, accertato dall’Agenzia delle Entrate, si era verificato nell’anno d’imposta del 2018, con termine di presentazione della relativa dichiarazione al luglio dello stesso anno, laddove, già all’udienza del 30 gennaio 2018, la ricorrente aveva revocato la costituzione di parte civile per intervenuto integrale risarcimento dei danni da parte dell’imputato. Pertanto, non solo non era configurabile alcun onere di comunicazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, comma 1, lett. d), in capo alla ricorrente, ma la stessa non era più parte del procedimento penale, già definito con sentenza irrevocabile, ne(momento in cui si era verificato il superamento della soglia reddituale.

Motivi della decisione
1. Il ricorso deve essere accolto nei termini che si vanno a esporre.

2. La Corte bolognese ha dato atto che la ricorrente era stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti nel 2016 e che l’accertamento dell’ufficio finanziario del superamento dei limiti reddituali riguardava l’anno d’imposta 2018.

Nulla ha precisato, invece, in ordine all’istanza di ammissione; in particolare, se essa fosse o meno corredata dell’autocertificazione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, lett. c).

3. Il primo motivo è fondato.

3.1. Deve intanto premettersi che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4-ter, introdotto dal del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, art. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 aprile 2009, n. 38, e sostituito dalla L. 1 ottobre 2012, n. 172, art. 9, stabilisce che la persona offesa dai reati di cui agli artt. 572, 583-bis, 609 bis, 609- quater, 609-octies e 612-bis, nonchè, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli artt. 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-quinquies e 609- undecies c.p., può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto.

Più precisamente, del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, art. 9, aveva aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, dopo il comma 4-bis il comma 4-ter, a mente del quale “La persona offesa dai reati di cui agli artt. 609-bis, 609-quater e 609-octies c.p., può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto”. Il comma è stato successivamente sostituito dalla L. 1 ottobre 2012, n. 172, art. 9, con quello attuale.

3.2. Tale ultimo intervento legislativo costituisce ratifica e esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007 e contiene anche norme di adeguamento dell’ordinamento interno, tra le quali quella in commento.

L’art. 31 della Convenzione citata ha ad oggetto i provvedimenti generali di protezione e, tra questi, espressamente indica al par. 3 l’impegno di ciascuna Parte ad assicurare che le vittime abbiano accesso, a titolo gratuito, qualora giustificato, all’assistenza legale nel momento in cui possano ricoprire il ruolo di parte nel procedimento penale.

3.3. Ne consegue che la relativa istanza necessita esclusivamente dei requisiti di cui all’art. 79, comma 1, lett. a) e b), del decreto e non anche dell’allegazione da parte dell’interessato, prevista dalla lett. c), del medesimo articolo, di una dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione (cfr. sez. 4 n. 13497 del 15/02/2017, Mattioli, Rv. 269534).

In motivazione, la Corte ha chiarito che la finalità della L. n. 38 del 2009 (e delle successive modificazioni) non può che essere quella di rimuovere ogni possibile ostacolo (anche economico) che possa disincentivare un soggetto, già in condizioni di disagio, ad agire in giudizio e che l’unica interpretazione in linea con detta ratio legis è quella secondo cui il termine “può” deve essere inteso come dovere del giudice di accogliere l’istanza “se” presentata dalla “persona offesa” da “uno dei reati di cuì alla norma” e all’esito della positiva verifica dell’esistenza di un “procedimento iscritto relativo ad uno dei menzionati reati”.

In mancanza di una espressa disposizione legislativa, il giudice non potrebbe negare l’ammissione al beneficio solo sulla base della mancata allegazione della dichiarazione sostitutiva di certificazione, da parte dell’interessato, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste dall’art. 76 cit., dato che il comma 4- ter non individua massimi reddituali idonei ad escludere il diritto in argomento; sicchè la produzione di tale attestato sarebbe del tutto superflua e la sua mancanza inidonea a fondare una pronuncia di rigetto.

4. I principi affermati in tale precedente vanno ribaditi in questa sede.

Deve, infatti, convenirsi con l’affermazione secondo cui D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4-ter, costituisce una deroga alle previsioni con le quali il legislatore ha posto dei limiti reddituali alla ammissione al beneficio di che trattasi e che da tale deroga discende l’inapplicabilità, al caso di specie, della causa d’inammissibilità dell’istanza per mancanza della dichiarazione di cui all’art. 79, lett. c) del decreto citato, contravvenendo detto obbligo alla previsione derogatoria e alle finalità della stessa, come sopra chiarite.

Ne consegue, quale logico corollario che, una volta ammesso l’interessato al beneficio, in base a valutazione giudiziale che prescinde dall’allegazione della certificazione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, comma 1, lett. c), il soggetto non può esser tenuto ad adempiere all’obbligo di cui alla successiva lett. d) del

medesimo articolo, strettamente correlato agli adempimenti di cui alla precedente lett. c).

Deve, pertanto, affermarsi il principio secondo cui, una volta ammesso al beneficio del patrocinio dello Stato per i non abbienti, il soggetto rientrante in una delle categorie previste dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 76, comma 4-ter non è tenuto ad adempiere all’obbligo di cui allo stesso D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, comma 1, lett. d).

5. Nel caso all’esame, sussiste la denunciata violazione di legge.

La Corte d’appello ha revocato l’ammissione al beneficio (concesso alla ricorrente, persona offesa del reato di prostituzione minorile, oggetto del proc. n. 5162/14 RGNR, con decreto 07/03/2016 del Tribunale di Forlì) senza indicare i presupposti dell’ammissione, ma unicamente sulla scorta dell’accertato superamento dei limiti reddituali. Conseguenza che, tuttavia, non opera nella specie, atteso che il soggetto era dispensato dall’allegazione della certificazione di cui all’art. 79, comma 1, lett. c) cit., cosicchè, venuto meno tale automatismo, va parimenti escluso l’obbligo di comunicazione in capo al soggetto già ammesso.

6. Da quanto precede, discende l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e la restituzione degli atti alla Corte d’appello di Bologna, ritenuto assorbito il secondo motivo di ricorso dall’accoglimento del primo. Va disposto l’oscuramento dei dati secondo legge.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata. Dispone la restituzione degli atti alla Corte d’appello di Bologna. Oscuramento dati.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020. Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2020

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