Sentenza, Cassazione Penale, Sezione II, 17-04-2020, n. 12412, Ricettazione – Incauto acquisto – Truffa.

La Suprema Corte si pronuncia su un ricorso promosso avverso la sentenza d’appello di Palermo, la quale aveva ribaltato l’esito assolutorio del giudizio di primo grado, condannando l’imputato per il delitto di ricettazione. Esso, infatti, aveva tentato di incassare un biglietto della lotteria contraffatto recandosi dal direttore di banca e, poi, dal notaio. Accogliendo la tesi difensiva dell’imputato, la Corte di Cassazione sostiene che i giudici di secondo grado, nell’affermare la consapevolezza della provenienza illecita del biglietto della lotteria, non si erano soffermati sul fatto che neppure il notaio e il direttore di banca si erano accorti della contraffazione. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, infatti, il ribaltamento della sentenza assolutoria del giudizio di primo grado deve essere supportato da motivazione rinforzata.

Sentenza, Cassazione Penale,  Sezione II, 17-04-2020, n. 12412,

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde – Presidente –

Dott. DI PAOLA Sergio – Consigliere –

Dott. CIANFROCCA Pierluigi – rel. Consigliere –

Dott. AIELLI Lucia – Consigliere –

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

C.A., nato a (OMISSIS);

contro la sentenza della Corte di Appello di Palermo del 18.9.2018;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Pierluigi Cianfrocca;

udito il PM, nella persona del sostituto procuratore generale Dott. Dr. Ceniccola Elisabetta, che ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Palermo per nuovo esame;

udito l’Avv. Oliviero De Carolis Villars, in difesa della costituita parte civile Lotterie Nazionali srl, che ha concluso per il rigetto del ricorso riportandosi alle considerazioni contenute nella memoria difensiva e deposita conclusioni scritte e nota spese.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 28.2.2017 il Tribunale di Palermo aveva assolto C.A. dalla tentata truffa aggravata di cui al capo a) della imputazione perchè il fatto non sussiste e da quella di ricettazione di cui al capo b) perchè il fatto non costituisce reato;

2. la Corte di Appello di Palermo, in riforma della sentenza di primo grado, appellata dal Procuratore della Repubblica (limitatamente al capo b della rubrica) e dalla costituita parte civile (quanto agli effetti civili e per entrambi i capi di imputazione), ha riconosciuto il C. responsabile del delitto di cui al capo b) e, ricondotto il fatto nella ipotesi contemplata nel capoverso dell’art. 648 c.p., lo ha condannato alla pena di mesi 10 di reclusione ed Euro 400 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e con il beneficio della sospensione condizionale; ha inoltre condannato l’imputato al risarcimento dei danni patiti dalla costituita parte civile (ed in relazione al solo capo b della rubrica) liquidati equitativamente in complessivi Euro 4.000 oltre che alla rifusione delle spese di costituzione e di assistenza liquidate per entrambi i gradi del giudizio;

3. ricorre per cassazione il difensore di C.A. lamentando:

3.1 violazione di legge con riguardo agli artt. 648, 43 e 47 c.p. ed agli artt. 530, 125, 546, 92 e 192 c.p.p.; richiama la motivazione con cui la Corte di Appello ha riformato la sentenza di primo grado quanto al delitto di ricettazione evidenziandone la (a suo avviso) intrinseca illogicità in quanto fondata su una regola di esperienza cui non può riconoscersi carattere generale a fronte del comportamento assolutamente lineare del ricorrente che, al fine di riscuotere la vincita, si era recato prima dal direttore di banca e poi dal notaio per procedervi nelle forme di legge; per altro verso, rileva che la Corte non ha spiegato in alcun modo per quale motivo questi ultimi, ovvero il direttore di banca ed il notaio, non si fossero avveduti della materiale alterazione del biglietto di cui, invece, avrebbe dovuto accorgersi il C.; evidenzia il difetto di motivazione sul punto anche in rapporto alla pronuncia assolutoria sul capo a) della imputazione.

Segnala che, in ogni caso, la eventuale grossolanità della contraffazione finirebbe per risolversi in un falso privo di rilevanza giuridica venendo così meno l’elemento materiale del delitto di ricettazione rappresentato dal delitto c.d. “presupposto”.

Osserva che, in ogni caso, la Corte territoriale ha mancato di giustificare il proprio convincimento con una motivazione “rafforzata” necessaria in caso di modifica della decisione di primo grado;

4. in data 28.1.2020, la difesa di Lotterie Nazionali srl, costituita parte civile, ha depositato una memoria con cui, richiamando il tenore e le argomentazioni sviluppate nel ricorso, ne ha evidenziato la infondatezza sottolineando, in primo luogo, come – a suo avviso – la decisione della Corte di Appello, lungi dal fondarsi su una petizione di principio, abbia invece valorizzato una serie di circostanze di natura obiettiva, a partire dalla falsità del biglietto e dalla entità della vincita, superiore a quella prevista per quel tipo di lotteria, che avrebbero dovuto indurre il C. ad astenersi dall’acquisirlo; produce, inoltre, le sentenze di merito e di legittimità relative alla vicenda esaminata nella decisione invocata nel ricorso e che, in ogni caso, dopo l’annullamento con rinvio della sentenza di secondo grado, si è conclusa con la condanna dell’imputato; segnala come non potesse attribuirsi rilievo al fatto che il C. si fosse rivolto ad un funzionario di banca e, poi, ad un notaio sì da essere compiutamente identificato atteso che questo passaggio è assolutamente indispensabile per procedere alla riscossione della vincita; aggiunge che la riconoscibilità del falso da parte del funzionario o del notaio non incidono sulla realizzazione degli estremi del delitto di ricettazione.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

1. C.A. era stato chiamato a rispondere dei delitti di ricettazione e di tentata truffa in danno della società Lotterie Nazionali srl in quanto, avendo acquistato ovvero ricevuto, consapevole della sua illecita provenienza, un biglietto della lotteria “(OMISSIS)” frutto di contraffazione, avrebbe posto in essere atti idonei, diretti in modo non equivoco, a riscuotere il premio in realtà non dovuto.

2. Il Tribunale aveva assolto l’imputato dal delitto di tentata truffa di cui capo a) della rubrica segnalando, sulla scorta della testimonianza del funzionario della Lottomatica, che i controlli successivi alla presentazione del biglietto avrebbero certamente escluso la possibilità di riscuotere la vincita; aveva in definitiva ritenuto che si vertesse in una ipotesi di reato “impossibile” per assoluta ed oggettiva inidoneità della condotta a realizzare l’evento di danno voluto dall’agente.

Quanto al delitto di ricettazione, il primo giudice aveva sostenuto che non poteva affatto ritenersi inverosimile che il C., come da lui riferito, avesse trovato ca9valmente il biglietto il cui aspetto, peraltro, non aveva insospettito nè il notaio nè il direttore della banca cui egli si era rivolto e che avevano iniziato ad attivare le necessarie ordinarie procedure per la riscossione della vincita, in tal senso sollecitati dal C. che, così, aveva tenuto una condotta a sua volta di certo non coerente con la consapevolezza della provenienza delittuosa del biglietto.

3. La sentenza del Tribunale era stata impugnata dal PM limitatamente alla assoluzione per il delitto di ricettazione; nel suo appello, il PM aveva sottolineato come nel caso di specie dovesse ritenersi certamente sussistente l’elemento materiale del reato di al capo b) aggiungendo che la provenienza delittuosa del biglietto derivai t dal reato di cui alla L. n. 528 del 1982, art. 19.

4. La Corte di Appello, come accennato, ha riformato la sentenza accogliendo il gravame del PM e condannando il C. per il delitto di ricettazione: a tal fine, ha sottolineato il carattere manifesto della anomalia “fisica” del biglietto formato dall'”assemblaggio” di due tagliandi diversi oltre che recante una vincita (apparente) superiore a quella massima prevista per quel tipo di lotteria; il che, secondo la Corte, rappresentava “una iperbolica conseguenza: quasi una proiezione fantastica dell’utente” (cfr., pag. 2 della sentenza in verifica).

Tali evidenti e manifeste anomalie, hanno segnalato i giudici di secondo grado, erano in definitiva tali da denunziarne la avvenuta contraffazione e “da obbligare il C. ad astenersi dal ricevere o comunque acquistare il titolo medesimo” (cfr., ivi) laddove, invece, egli “ne ha fatto un consapevole uso presentandolo all’incasso” (cfr., ivi pag. 3).

5. Va in primo luogo chiarito che non viene in rilievo, nel caso di specie, la violazione del disposto di cui all’art. 603 c.p.p., comma 3 bis (in astratto applicabile ancorchè la sentenza di primo grado sia stata resa in data antecedente la entrata in vigore della L. n. 103 del 2017: cfr., Cass. Pen., 6, 19.3.2019 n. 16.860, Cuppari) atteso che, come si è visto, la riforma della sentenza di primo grado è intervenuta non già per effetto della rivalutazione, ad opera dei giudici di secondo grado, delle prove dichiarative assunte nel corso della istruttoria quanto, piuttosto, sulla scorta di un diverso apprezzamento del complesso degli elementi, acquisiti “aliunde”, valutati dal Tribunale in senso opposto ed ai quali è stata data una lettura diversa.

D’altra parte, si è anche e condivisibilmente chiarito che in caso di impugnazione della sentenza assolutoria da parte del pubblico ministero, l’obbligo di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, previsto dall’art. 603 c.p.p., comma 3 bis, non riguarda tutte le prove dichiarative assunte in primo grado, ma solo quelle che, secondo le ragioni specificatamente prospettate nell’atto di impugnazione, siano state oggetto di erronea valutazione da parte del giudice di primo grado e siano ritenute decisive ai fini della valutazione di responsabilità (cfr., Cass. Pen., 1, 7.11.2018 n. 12.928, P.; cfr., anche, Cass. Pen., 3, 18.6.2018 n. 51.575, P., in cui la Corte ha fatto presente che il giudice dell’appello proposto dal pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per ragioni attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, ai sensi dell’art. 603 c.p.p., comma 3 bis, introdotto dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, non è tenuto a disporre la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale con riguardo a quelle prove che ritenga irrilevanti ai fini della decisione, pur se le stesse siano invece state ritenute rilevanti nella prospettazione della pubblica accusa appellante).

6. Certo è che la Corte di Appello, pur non dovendo procedere ad alcuna rinnovazione della istruttoria di primo grado, avrebbe dovuto confrontarsi in maniera compiuta con le motivazioni della sentenza di primo grado, confutandone la portata sotto tutti i profili.

Come accennato, il Tribunale aveva assolto il C. dal delitto di ricettazione sostenendo, per un verso, come non vi fosse la prova piena della consapevolezza della provenienza delittuosa del biglietto: a tal proposito, infatti, aveva osservato come potesse ritenersi non inverosimile la spiegazione del ritrovamento casuale del tagliando; sotto altro profilo, aveva fatto presente, sempre sotto il profilo dell’elemento soggettivo del reato, come nemmeno l’aspetto esteriore del biglietto fosse tale da rendere evidente la sua contraffazione e, perciò, la sua illecita (ovvero, per meglio dire, delittuosa) provenienza, atteso che nè il notaio nè il direttore della banca cui il ricorrente si era rivolto per la riscossione della vincita avevano avuto alcun sospetto tanto da aver avviato le relative procedure.

Ed è proprio con questa seconda “ratio” della motivazione del Tribunale che la Corte di Appello ha omesso totalmente di confrontarsi spiegando in che modo conciliare la affermazione del carattere assolutamente “evidente” della contraffazione (che, in quanto tale, avrebbe dovuto indurre il C. ad astenersi dall’utilizzare il biglietto di chiara provenienza delittuosa in quanto frutto di falsificazione materiale) con il fatto che, invece, nè il direttore di banca e nemmeno il notaio si fossero avveduti della alterazione del tagliando dando corso alle procedure di incasso della vincita che non era stata corrisposta soltanto a seguito degli ulteriori e successivi controlli eseguiti dall’Ufficio dei Monopoli.

La sentenza va dunque annullata con rinvio del processo ad altra Sezione della Corte di Appello di Palermo che provvederà a riesaminare l’appello del PM tenendo conto dei rilievi di cui sopra.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Palermo.

Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2020

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