Ordinanza, Suprema Corte di Cassazione, III Sezione Civile, 26 maggio 2020, n. 9721, Furto del bancomat- Responsabilità della banca:
La vicenda traeva origine dal verificarsi di diversi prelievi non autorizzati dai possessori di un bancomat, i quali, per essere rimborsati della perdita economica subita, agivano in giudizio nei confronti dell’istituto di credito. La Suprema Corte, ribadendo un pregresso e consolidato orientamento giurisprudenziale, affermava che sulla banca grava l’onere di provare che l’utente non ha diligentemente custodito la carta e, quindi, che l’operazione è riconducibile alla volontà del correntista. Essendo di natura contrattuale il rapporto tra la banca e l’utente nonchè gravando sulla prima un obbligo di diligenza qualificata, la Corte sottolineava che la responsabilità della banca per operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, con particolare riguardo alla verifica della loro riconducibilità alla volontà del cliente mediante il controllo dell’utilizzazione illecita dei relativi codici da parte di terzi, ha natura contrattuale e, quindi, va esclusa se ricorre una situazione di colpa grave dell’utente.
Suprema Corte di Cassazione, III Sezione Civile, 26 maggio 2020, n. 9721:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18526-2016 proposto da:
M.A., T.P., domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato VINCENZO PECORELLA;
ricorrenti –
contro
POSTE ITALIANE SPA 97103880585 in persona del legale rappresentante, elettivamente
domiciliata in ROMA, V.LE EUROPA 175 (POSTE ITALIANE), presso lo studio dell’avvocato
VITA TOSCANO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIAROSARIA
LIBRERA;
controricorrente –
avverso la sentenza n. 745/2015 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD, depositata il 25/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 02/03/2020 dal Consigliere Dott.
GIUSEPPE CRICENTI.
Svolgimento del processo
I ricorrenti, coniugi M.A. e T.P., avevano un conto corrente in comune presso le Poste Italiane spa,
con relativa carta per prelievo bancomat. Il 19 settembre 2013 si sono accorti che, nei due giorni
precedenti, il conto, che presentava un saldo attivo di circa 23 mila Euro, era stato azzerato
mediante prelievi allo sportello, non autorizzati dai ricorrenti, e dunque abusivamente effettuati. In
quello stesso giorno comunicavano l’accaduto a Poste Italiane spa, che provvedeva a bloccare il
bancomat.
I due ricorrenti citavano quindi in giudizio le Poste per avere il rimborso della somma prelevata da
ignoti abusivamente, assumendo di averne diritto.
Le Poste resistevano alla domanda depositando distinta dei movimenti sospetti, da cui risultavano
prelievi allo sportello, facendo presente che la tessera bancomat costituiva da sola documento valido
per il prelievo, senza bisogno di ulteriori documenti di identità.
Tuttavia, il Tribunale, in primo grado, ha ritenuto che i due ricorrenti non avevano fornito la prova
della diligenza usata per impedire il furto o la clonazione del bancomat; che non v’era responsabilità
della banca anteriore al blocco della carta.
La Corte di appello ha ritenuto inammissibile il gravame ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c..
Ricorrono i due correntisti, avverso la decisione di primo grado, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., con
sei motivi, cui resiste Poste Italiane spa con controricorso. I ricorrenti depositano memorie.
Motivi della decisione
1.- La ratio della decisione impugnata.
Il Tribunale parte dal presupposto che l’onere di dimostrare di non aver dato causa al furto,
clonazione o smarrimento della carta, ossia l’onere di dimostrare la diligente custodia gravava sui
ricorrenti, detentori del bancomat, i quali, tuttavia, non vi hanno assolto. A parte ciò, secondo il
Tribunale, la banca risponde dei prelievi indebiti, non autorizzati, solo dopo il blocco della carta, e
non per quelli anteriori.
Ciò il Tribunale ha affermato facendo applicazione delle condizioni generali di contratto.
2.- I ricorrenti propongono sei motivi di ricorso.
Con il primo motivo denunciano violazione dell’art. 2697 c.c. e L. n. 11 del 2010, artt. 10 e 12 e
ritengono che, dal combinato disposto di tali norme, si evince che l’onere di provare la diligenza
nell’evitare l’incasso fraudolento spettava alle Poste e non a loro; spettava alla banca, ossia,
dimostrare di aver agito correttamente nel registrare l’operazione di pagamento. Sempre da quelle
norme si ricava che, se è vero che è a carico della banca il prelievo abusivo successivo alla
denuncia, è altresì vero che, per quello anteriore alla medesima, il correntista risponde solo nei
limiti di 150 Euro.
3.- Con il secondo motivo l’argomento dell’onere probatorio è posto sotto diverso profilo. Si
denuncia infatti violazione degli artt. 1782, 2051 e 2697 c.c. L’onere della prova a carico delle
Poste, anzichè dei correntisti, è ricavato dalle norme sul deposito irregolare e sull’obbligo di
custodia, che impone al custode di evitare danni a terzi.
4.- Con il terzo motivo è nuovamente invocata violazione dell’art. 2697 c.c., nel senso che il
Tribunale avrebbe ritenuto provata la diligenza delle Poste, sul presupposto erroneo che i prelievi
fossero avvenuti al Bancomat, quando invece erano avvenuti allo sportello alla presenza di un
operatore, il che ha portato il Tribunale a ritenere che la prova dell’assenza di anomalie dei
bancomat o del relativo servizio era sufficiente a scagionare la banca.
5.- Questa circostanza, relativa alle modalità del prelievo, è oggetto della censura fatta con il quarto
motivo, che denuncia violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per errore percettivo rilevante.
Il Tribunale avrebbe basato la sua decisione, secondo i ricorrenti, supponendo che i prelievi fossero
avvenuti allo sportello automatico mediante bancomat, quando invece erano avvenuti allo sportello
interno con operatore, assumendo per di più che la denuncia è stata tardiva, quando invece è stata
notificata a Poste il giorno dopo i prelievi.
6.- Questa stessa censura è fatta valere attraverso il quinto motivo, come omesso esame di un fatto
rilevante, nel senso che il tribunale non avrebbe tenuto conto nè della tempestività della denuncia,
nè del fatto che il prelievo non è avvenuto allo sportello automatico, bensì a quello con operatore,
circostanze, entrambe, che, se considerate adeguatamente, avrebbero comportato una diversa
decisione, anche con riguardo alla prova della diligenza della banca.
7.- Il sesto motivo è un non-motivo, nel senso che i ricorrenti auspicano che, se vi sarà
annullamento della decisione, le spese, poste dal Tribunale ad intero carico loro, vengano invece
addossate alle Poste.
8.- Il ricorso è fondato.
Il primo, il terzo ed il quarto motivo possono esaminarsi congiuntamente.
La tesi del Tribunale è che grava sui ricorrenti, correntisti, l’onere di dimostrare la diligente custodia
del bancomat, cosi come gravava sui correntisti l’onere di tempestiva denuncia dell’indebito prelievo
a loro danno.
Secondo il Tribunale questa prova sarebbe mancata, circostanza che, unitamente alla “tardiva
richiesta di blocco della carta” depone per una negligenza dei correntisti, che va a loro esclusivo
sfavore.
Infine, secondo il Tribunale, ed a prescindere dalla negligenza dei ricorrenti, le condizioni generali
di contratto rendono irresponsabile la banca per i prelievi anteriori alla denuncia di blocco del
bancomat, e per intero.
Dunque, le fonti di regolamentazione del caso sono oltre alle regole di prudenza propria del settore,
secondo il Tribunale, le condizioni generali di contratto citate in motivazione.
8.1.- Vanno richiamati i principi espressi da questa corte in casi simili, di ritenuta responsabilità
della banca per l’indebito uso del bancomat da parte di soggetti diversi dal correntista.
Intanto, si è affermato che, ” in tema di responsabilità della banca in caso di operazioni effettuate a
mezzo di strumenti elettronici, anche al fine di garantire la fiducia degli utenti nella sicurezza del
sistema (il che rappresenta interesse degli stessi operatori), è del tutto ragionevole ricondurre
nell’area del rischio professionale del prestatore dei servizi di pagamento, prevedibile ed evitabile
con appropriate misure destinate a verificare la riconducibilità delle operazioni alla volontà del
cliente, la possibilità di una utilizzazione dei codici di accesso al sistema da parte dei terzi, non
attribuibile al dolo del titolare o a comportamenti talmente incauti da non poter essere fronteggiati
in anticipo. Ne consegue che, anche prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 11 del 2010, attuativo
della direttiva n. 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, la banca, cui è
richiesta una diligenza di natura tecnica, da valutarsi con il parametro dell’accorto banchiere, è
tenuta a fornire la prova della riconducibilità dell’operazione al cliente” (Cass. N. 2950 / 2017).
La banca deve pertanto fornire la prova della riconducibilità dell’operazione al cliente.
Questa regola, dettata per i casi anteriori, è stata confermata dal D.Lgs. n. 11 del 2010, secondo cui
l’onere di dimostrare che l’operazione, posta in essere illecitamente dal terzo, è stata comunque
effettuata correttamente e che non v’è stata anomalia che abbia consentito la fraudolenta operazione,
grava, per l’appunto sulla banca (L. n. 11 del 2010, art. 10, comma 1).
Infine, postulando pur sempre la natura contrattuale del rapporto tra banca e correntista e dunque un
certo rilievo dell’art. 1176 c.c. in tema di diligenza delle parti del rapporto di conto, si è osservato
che la responsabilità della banca per operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, con
particolare riguardo alla verifica della loro riconducibilità alla volontà del cliente mediante il
controllo dell’utilizzazione illecita dei relativi codici da parte di terzi, ha natura contrattuale e,
quindi, va esclusa se ricorre una situazione di colpa grave dell’utente, configurabile nel caso di
protratta mancata attivazione di una qualsiasi forma di controllo degli estratti conto (Cass. N.
18045/ 2019).
In sostanza, da un lato, grava sulla banca l’onere di diligenza di impedire prelievi abusivi, per altro
verso grava sempre sulla banca l’onere di dimostrare che il prelievo non è opera di terzi, ma è
riconducibile comunque alla volontà del cliente. Infine, quest’ultimo subisce le conseguenze della
perdita se, per colpa grave, ha dato adito o ha aggravato il prelievo illegittimo.
La decisione del Tribunale non è rispettosa di questi canoni.
Intanto, e non è semplice obiter, il giudice di merito ritiene il correntista in colpa per aver tardato
nella denuncia del fatto alla banca, pur dopo aver premesso pagina 2) che i prelievo sono avvenuti
tra il (OMISSIS), e che il successivo (OMISSIS) è avvenuto il blocco del bancomat su segnalazione
dei ricorrenti, dunque un solo giorno dopo, incorrendo cosi in errore percettivo, denunciato dai
ricorrenti con il quarto motivo, e comunque non motivando sull’esatto termine concesso al
correntista per denunciare il fatto, tenendo conto del fatto che il D.Lgs. n. 11 del 2010, artt. 7 e 9
richiedono che la denuncia avvenga senza indugio, termine che va nel caso concreto adeguatamente
valutato, e comunque non oltre 13 mesi dalla conoscenza del fatto.
A parte ciò, il Tribunale fa gravare l’onere della prova sui correntisti, incaricando questi ultimi di
dimostrare di non aver ceduto ad alcuno la tessera o il PIN e di avere diligentemente custodito la
carta, senza considerare che, in ragione delle norme citate, è onere non dei correntisti, ma della
Banca, dimostrare la riconducibilità dell’operazione al cliente e non al terzo.
Infine, il Tribunale ha omesso di considerare il dato legislativo, facendo invece prevalere il
significato proprio delle condizioni generali di contratto, che pone a carico del correntista, qualora
ovviamente emerga l’uso indebito da parte del terzo, solo la somma di 150 Euro di quanto
indebitamente prelevato prima della denuncia di blocco (art. 12, comma 3).
Il ricorso va pertanto accolto in questi termini.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il terzo ed il quarto motivo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza
impugnata e rinvia al Tribunale di Napoli Nord, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 2 marzo 2020.
Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020