Ordinanza, Corte Suprema di Cassazione, II Sezione Civile, 23 ottobre 2020, n. 23330, Autovelox – taratura – segnaletica di preavviso:

In questo caso la Corte di Cassazione si occupa di due interessanti tematiche: I) la taratura degli apparecchi di rilevamento della velocità; II) i relativi cartelli di presegnalazione ex art. 142, VI co. bis, C.d.S. In merito al primo punto, i giudici di legittimità ribadiscono che gli strumenti di accertamento e misurazione della velocità devono essere sottoposti non solo ad omologazione ex art. 45, VI co., del C.d.s., ma anche a controlli periodici di taratura. Quest’ultimi, però, rilevano solo quando è passato molto tempo dall’ultimo controllo o dal collaudo. L’efficacia probatoria, pertanto, della apparecchiatura di rilevamento della velocità, dotata di certificato di omologazione e di taratura, opera fin tanto che l’automobilista non provi il suo malfunzionamento (difetto di costruzione, istallazione o funzionamento). Mentre, in merito al secondo punto, i giudici di legittimità, ricordando un consolidato indirizzo giurisprudenziale, hanno stabilito che il verbale nel quale non si fa menzione della segnaletica di preavviso dell’autovelox non è nullo, purché sia stata accertata in giudizio la presenza del suddetto cartello, il cui onere grava sulla pubblica amministrazione.

Corte Suprema di Cassazione, II Sezione Civile, 23 ottobre 2020, n. 23330:

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2174/2017 proposto da:
R.D., elettivamente domiciliato in Marostica (VI) presso lo studio dell’avv.to
SALVATORE INSINNA che lo rappresenta e difende;

ricorrente –
contro
COMUNE TEZZE SUL BRENTA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CICERONE, 44, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI CORBYONS,
rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCA MAZZONETTO;

controricorrente –
e contro
PREFETTURA VICENZA UFFICIO TERRITORIALE GOVERNO VICENZA;

intimata –
avverso la sentenza n. 156/2016 del TRIBUNALE di VICENZA, depositata il
06/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/07/2020 dal
Consigliere Dott. LUCA VARRONE.
Svolgimento del processo

Il giudice di pace di Bassano del Grappa rigettava il ricorso proposto da R.D. e
confermava l’ordinanza ingiunzione prefettizia da questi impugnata unitamente ai
verbali presupposti della polizia locale di Tezze sul Brenta, con i quali gli erano state
contestate le violazioni dell’art. 142 C.d.S., comma 9, e dell’art. 180 C.d.S., commi 1
e 7.

R.D. proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
Il Tribunale di Vicenza rigettava l’impugnazione. In particolare, il Tribunale rilevava
che il giudice di pace aveva dato conto nella sua motivazione di tutte le circostanze
del caso e, dunque, era del tutto infondata la pretesa violazione dell’art. 132 c.p.c.,
comma 2, n. 4, sollevata con il primo motivo di ricorso.
Lo stesso doveva dirsi con riferimento all’asserita inadeguatezza della motivazione
dell’ordinanza ingiunzione impugnata, che invece dava conto di tutte le circostanze
rilevanti. D’altra parte, aggiungeva il Tribunale, i vizi motivazionali dell’ordinanza
ingiunzione non comportano la nullità del provvedimento e l’insussistenza del diritto
di credito derivante dalla violazione, in quanto il giudizio susseguente investe il
rapporto annullato e, quindi, sussiste la cognizione piena del giudice che può
valutare le deduzioni difensive proposte in sede amministrativa in ipotesi non
esaminate o respinte non motivatamente e decidere con pienezza di poteri.
Il Tribunale rigettava anche il motivo di appello avente ad oggetto la pretesa tardività
dell’ordinanza ingiunzione per il mancato rispetto del termine di cui all’art. 204
C.d.S., comma 1, in quanto il suddetto termine era stato rispettato. L’eccepita nullità
dei verbali di contestazione per omessa indicazione del numero di registro
cronologico era del tutto infondata e oltretutto il numero sussisteva. Quanto invece
alla legittima correzione dei verbali andava sottolineato che il trasgressore aveva
fornito false generalità e, dunque, la polizia locale, dopo aver svolto indagini, era
risalita alla vera identità del trasgressore, correggendo, dunque, i verbali in
questione. Infine, l’omessa prova da parte della pubblica amministrazione della
regolarità della segnaletica stradale a fronte della contestazione di presunte
irregolarità sul retro della stessa non inficiava la validità del cartello stradale in
conformità con la giurisprudenza di legittimità.
Infine, in relazione alla pretesa violazione della L. n. 168 del 2002, art. 4, in relazione
ai cartelli di preavviso del controllo elettronico della velocità e alla visibilità della
postazione di accertamento, la normativa richiamata dall’appellante era del tutto
inconferente, trattandosi di un dispositivo di controllo della velocità in dotazione agli
agenti della polizia locale e rispetto al quale era stata data prova documentale
dell’omologazione dell’apparecchiatura. Peraltro, nella specie il procedimento di
collaudo dell’apparecchiatura era avvenuto sei mesi prima del rilevamento
dell’infrazione, dunque, l’amministrazione aveva fornito la prova della correttezza e
funzionalità dell’apparecchiatura.

R.D. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base
di tre motivi.

Il Comune di Tezze sul Brenta ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del
D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 45, comma 6. della L. n. 273 del 1991; del D.P.R. n. 495
del 1992, art. 345, del D.Lgs. n. 150 del 2001, art. 6, comma 11, dell’art. 2697 c.c., in
relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.
Il ricorrente richiama la sentenza n. 113 del 2015 della Corte Costituzionale in
materia di obbligo di taratura degli strumenti di misurazione elettronica della velocità
che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 45 C.d.S., comma 6. A seguito di
tale sentenza le apparecchiature per il controllo della velocità non devono essere
soltanto omologate ma è necessario che siano periodicamente controllate e tarate.
Peraltro, la taratura è disciplinata dalla L. n. 273 del 1991, che la affida
esclusivamente a centri specializzati e non alla casa costruttrice
dell’apparecchiatura.
Ciò premesso, a parere del ricorrente, l’amministrazione comunale non aveva
approvato le verifiche periodiche di corretta funzionalità di taratura delle
apparecchiature impiegate, essendosi limitata ad attestare che la prima consegna
del misuratore di velocità telelaser era avvenuta il 16 dicembre 2010 da parte della
casa costruttrice al Comune di Tezze. Si trattava, dunque, di una mera attestazione
di conformità dell’apparecchio. Pertanto il Tribunale avrebbe violato le norme citate,
ritenendo che, per il breve lasso di tempo intercorso tra la consegna dell’apparecchio
e la rilevazione dell’infrazione, vi fosse prova sufficiente della funzionalità della
medesima apparecchiatura. In proposito il ricorrente richiama anche la sentenza di
questa corte n. 9645 del 2016 con la quale si è affermata la necessità della verifica
periodica.
1.2 Il motivo è infondato.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che: “In materia di violazione delle
norme del codice della strada relative ai limiti di velocità, l’efficacia probatoria dello
strumento rivelatore del superamento di tali limiti (“autovelox”), che sia omologato e
sottoposto a verifiche periodiche, opera fino a quando sia accertato, nel caso
concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, il
difetto di costruzione, installazione o funzionamento del dispositivo elettronico.
Peraltro, in presenza del certificato di taratura rilasciato da soggetto abilitato, non è
consentito al giudice di merito sindacare le modalità con le quali tale taratura è stata
effettuata”” (Sez. 6-2, Sent. n. 18354 del 2018).
La verifica periodica, dunque, si rende necessaria solo quando sia intercorso un
apprezzabile lasso di tempo dall’ultima verifica dell’apparecchiatura ovvero dal suo
collaudo.
Nella specie, il Tribunale ha evidenziato che vi era la prova documentale
dell’omologazione dell’apparecchiatura e che il collaudo era avvenuto solo sei mesi
prima del rilevamento dell’infrazione, dunque, l’amministrazione aveva fornito la
prova della correttezza e funzionalità dell’apparecchiatura e solo il trascorrere di un
ulteriore e congruo periodo temporale avrebbe reso necessario procedere ad una
nuova taratura. Periattro, una volta provata tale circostanza il Giudice non aveva più
alcun potere di sindacato, salvo la prova contraria a carico del ricorrente, circa
l’effettiva funzionalità dell’apparecchiatura.

Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione
dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dell’art. 111 Cost., e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in
relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e omessa insufficiente e contraddittoria motivazione
in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.
Con il motivo in esame il ricorrente lamenta la carenza di motivazione della sentenza
impugnata, non essendo possibile capire quali siano state le prove fornite
dall’amministrazione circa la fondatezza dell’accertamento circa l’irregolarità della
segnaletica stradale e la visibilità della postazione di accertamento.

Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione della L. n.
168 del 2002, art. 4, e del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 142, in relazione all’art. 360
c.p.c., n. 3, omessa insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360
c.p.c., n. 5.
La censura ha ad oggetto la prova della regolarità della segnaletica e della
postazione di controllo che nella specie non sarebbe stata fornita
dall’amministrazione e rispetto alla quale il Tribunale non avrebbe fornito adeguata
motivazione. In particolare, sarebbe erronea l’affermazione circa la non necessarietà
della segnalazione della postazione di controllo della velocità in caso di utilizzo di
telelaser gestiti direttamente dal personale di polizia. Peraltro, l’amministrazione non
avrebbe fornito prova adeguata sul punto.

Il secondo e il terzo motivo di ricorso che stante la loro evidente connessione
possono essere trattati congiuntamente sono infondati.
Il Tribunale evidenzia che l’amministrazione ha fornito prova documentale
dell’osservanza della prescrizione di cui all’art. 142 C.d.S., comma 6 bis (Nella
sentenza a pag. 8 si indicano i documenti 5 e 9).
Trova applicazione il seguente principio di diritto: In tema di sanzioni amministrative
per violazione del codice della strada, la circostanza che nel verbale di
contestazione di una violazione dei limiti di velocità, accertata mediante cd.
autovelox, non sia indicato se la presenza dell’apparecchio sia stata
preventivamente segnalata mediante apposito cartello non rende nullo il verbale
stesso, sempre che, di detta segnaletica, sia stata accertata o ammessa l’esistenza.
(Sez. 2, Ord. n. 1661 del 2019).
Il medesimo principio vale anche per le apparecchiature telelaser e, dunque, i motivi
di ricorso si rivelano infondati, avendo il Tribunale espressamente indicato la prova
fornita dall’amministrazione circa l’osservanza di quanto prescritto dall’art. 146
C.d.S., comma 6 bis, in materia di segnalazione della postazione di controllo per il
rilevamento della velocità.

Il ricorso è rigettato.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della
sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente
principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto
per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 700 di cui 100 per
esborsi;
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della
sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del
ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello previsto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso
art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 16
luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2020