Sentenza, Corte Suprema di Cassazione, VI Sezione Penale, 16 ottobre 2020, n. 28778, Violazione degli obblighi di assistenza familiare – Impossibilità economica dell’onerato:

La vicenda traeva origine dal fatto che un padre faceva mancare i mezzi di sussistenza a due dei suoi figli, poiché aveva deciso di prendere in locazione con un altro figlio un immobile, il cui canone era esagerato per le sue disponibilità economiche. A fronte di ciò, i giudici di legittimità, ribadendo un consolidato orientamento giurisprudenziale, affermavano che l’incapacità economica dell’onerato, quale impossibilità di far fronte agli obblighi derivanti dall’art. 570 c.p.c, deve essere intesa come mancanza persistente, oggettiva, assoluta e incolpevole di redditi.

Corte Suprema di Cassazione, VI Sezione Penale, 16 ottobre 2020, n. 28778:

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRICCHETTI Renato Giusep – Presidente

Dott. MOGINI Stefano – Consigliere

Dott. RICCIARELLI Massimo – rel. Consigliere

Dott. GIORGI Maria Silvia – Consigliere

Dott. BASSI Alessandra – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 24/02/2019 della Corte di appello di Trento;

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere RICCIARELLI Massimo;

udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale SENATORE Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 27/2/2019 la Corte di appello di Trento, in parziale riforma di quella del Tribunale di Trento in data 5/9/2017, ha ripristinato l’originaria qualificazione del fatto ai sensi dell’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, in relazione alla mancata prestazione di mezzi di sussistenza ai figli minori, e ha confermato il giudizio di penale responsabilita’ di (OMISSIS), rideterminando la pena e sostituendo quella detentiva con la liberta’ controllata.

2. Ha presentato ricorso l’Acevedo tramite il suo difensore.

2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla configurabilita’ dell’elemento oggettivo e di quello soggettivo.

Contesta in particolare l’affermazione della Corte secondo cui la disponibilita’ di un alloggio reperito in affitto nel libero mercato ad un canone troppo alto avrebbe dovuto reputarsi incompatibile con le condizioni economiche del ricorrente e ascrivibile a sua libera scelta: senonche’ egli aveva vanamente cercato un alloggio piu’ economico e richiesto aiuto per il pagamento del canone, ma senza ottenere risposta.

Peraltro, non si trattava di immobile lussuoso e l’importo del canone era stato giudicato eccessivo senza alcun supporto probatorio.

Indebitamente era stato rovesciato sul ricorrente l’onere probatorio.

2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione all’invocata causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131-bis c.p..

Indebitamente la Corte aveva reputato che il fatto avesse ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

Si sarebbe trattato di valutare il fatto nel rapporto con i minori.

Non avrebbe potuto aver rilievo la sola reiterazione del mancato versamento, a fronte dei parziali pagamenti effettuati e del fatto che il ricorrente aveva provveduto ai figli nati dal matrimonio, nei periodi in cui si trattenevano con lui.

2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione di legge in relazione alla qualificazione del fatto.

Il primo Giudice aveva ravvisato il delitto di cui alla L. 898 del 1970, articolo 12-sexies, mentre la Corte aveva ripristinato l’originaria qualificazione ravvisando lo stato di bisogno dei minori.

Ma avrebbe dovuto valutarsi se fossero venuti meno i mezzi di sussistenza, cio’ che la Corte aveva omesso di fare, fermi restando i parziali versamenti e i periodi nei quali i minori si erano trattenuti con il padre.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato.

2. In particolare non merita accoglimento il primo motivo, nel quale si deduce l’inidoneita’ delle valutazioni della Corte in merito alla concreta capacita’ economica del ricorrente.

Sta di fatto che la Corte ha considerato le concrete disponibilita’ reddituali del ricorrente, osservando come, a fronte di esse, la circostanza che il predetto avesse scelto di vivere con l’altro figlio, nato da una diversa relazione, in un appartamento preso in affitto ad un canone non proporzionato a quelle risorse non potesse risolversi in un danno per i figli minori avuti dall’ex compagna Velasquez.

In tale prospettiva si e’ rilevato come non fosse stato dato conto della concreta impossibilita’ di operare scelte diverse o di fruire di alloggi a minor costo e come dunque non potessero accogliersi le deduzioni difensive in merito all’impossibilita’ di far fronte al versamento di quanto dovuto in favore degli altri due figli minori.

Si tratta di affermazione in linea con l’orientamento consolidato secondo cui “in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l’incapacita’ economica dell’obbligato, intesa come impossibilita’ di far fronte agli adempimenti sanzionati dall’articolo 570 c.p., deve essere assoluta e deve altresi’ integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilita’ di introiti” (Sez. 6, n. 53173 del 22/5/2018, R., Rv. 274613; Sez. 6, n. 41362 del 21/10/2010, M., Rv. 248955).

A fronte di cio’ il ricorrente si duole della valutazione in concreto operata dalla Corte, ma alla resa dei conti non dimostra di aver effettivamente percorso strade alternative per fruire di alloggi meno onerosi o di condizioni piu’ favorevoli, cio’ che assume tanto piu’ rilievo se si considera che alla cura verso il figlio nato da diversa relazione, ha fatto riscontro il protratto inadempimento dell’obbligo verso i due minori avuti dalla Velasquez, salvi versamenti saltuari, comunque di gran lunga inferiori alla somma stabilita e in prosieguo di tempo, per quanto rilevato dalla Corte, non modificata.

3. E’ inammissibile, perche’ manifestamente infondato, il secondo motivo.

La Corte ha correttamente dato conto della persistente condotta omissiva, intervallata solo da adempimenti saltuari e parziali, rilevando l’incompatibilita’ di essa con l’ipotesi prevista dall’articolo 131-bis c.p..

Va del resto rilevato come la condotta dell’omesso versamento, di per se’ reiterato, si risolva con riguardo al delitto di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, in una permanente mancanza di mezzi di sussistenza, a fronte di un persistente stato di bisogno.

Ma la connotazione del reato in termini di permanenza sottende comunque sul piano fenomenico che il comportamento assuma progressivamente ulteriore significato in relazione al rinnovato inadempimento, cio’ che con riguardo alla parallela ipotesi di cui alla L. n. 54 del 2006, articolo 3 o a quella del mancato versamento dell’assegno divorzile di cui alla L. n. 898 del 1970, articolo 12-sexies, (ora articolo 570-bis c.p.) ha condotto a ravvisare un reato a consumazione prolungata (Sez. 6, n. 11780 del 21/1/2020, P., Rv. 278722) o comunque abituale (Sez. 2, n 23020 del 10/5/2016, P., Rv. 267040).

In ogni caso il ricorrente si e’ limitato ad invocare i pagamenti parziali e a segnalare periodi in cui i minori si erano trattenuti presso di lui, peraltro senza fornire indicazioni precise in ordine alla consistenza effettiva di tali periodi.

Ne discende che non risultano in alcun modo vulnerate le valutazioni della Corte in ordine all’incompatibilita’ del comportamento con il riconoscimento dell’ipotesi invocata.

4. Parimenti inammissibile risulta il terzo motivo, relativo alla qualificazione del fatto.

La Corte ha invero richiamato sulla scorta delle valutazioni contenute nell’appello del P.G. l’orientamento secondo cui con riguardo ai minori lo stato di bisogno e’ in re ipsa, cosicche’ l’omesso versamento di somme in loro favore da parte del soggetto obbligato determina la mancanza di mezzi di sussistenza, in assenza della prova della disponibilita’ di autonome fonti di reddito, ferma restando l’irrilevanza del fatto che alla sussistenza provvedano altri soggetti (si richiama al riguardo Sez. 6, n. 17766 del 27/2/2019, V., Rv. 275726; Sez. 6, n. 53607 del 20/11/2014, S., Rv. 261871).

Il ricorrente sul punto si e’ limitato a dedurre che la Corte aveva verificato lo stato di bisogno ma non la prestazione di mezzi di sussistenza, senza confrontarsi con il rilievo del protratto inadempimento, non compensato da versamenti saltuari e parziali, comunque intervenuti solo fino al gennaio 2016, e senza fornire indicazioni precise in ordine ai periodi in cui i minori si erano trattenuti presso di lui.

Corretta dunque risulta la qualificazione del fatto ai sensi dell’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2.

5. Al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.